domenica 29 settembre 2013

-La crisi dell'economia dell'Impero romano
I due secoli e mezzo che seguirono il principato di Augusto furono un periodo di prosperità economica per l'Impero romano. La pace e la stabilità politica, l'efficace rete di comunicazione e l'unita amministrativa dell'Impero favorirono il benessere economico dell'impero. Quella romana era un'economia monetaria molto sviluppata e il centro di questo sistema economico erano le città. Ma l'Occidente conobbe un momento di crisi molto duro tra il VI e il VIII secolo. Le difficoltà dell'Impero determinarono anche la rottura dell'antica unità mediterranea. Lo spopolamento si accentuò a causa delle stragi, delle carestie e delle epidemie che accompagnarono le invasioni barbariche. La crisi dell'economia monetaria riportò in molte zone una situazione di economia naturale.
-Il sistema curtense
la crisi impose una riorganizzazione dell'economia. Si passò a forme di vita economica locali, essenzialmente agrarie e poco differenziate. Alla fine del VIII e X secolo dal punto di vista economico ci fu una particolare organizzazione produttiva per lo sfruttamento della terra:il sistema curtense.







-La rinascita:lo sviluppo agricolo e demografico
Tra il XI e il XII secolo l'Europa conobbe una fase di ripresa economica e demografica, definita dagli storici “Rinascita dell'Occidente”. Soprattutto durante l'inizio del XI secolo si realizzò una forte interazione tra demografia ed economia. Ci furono anche grandi invenzioni durante il periodo della rinascita come l'invenzione e diffusione del mulino, l'aratro pesante e la rotazione delle colture. Inoltre tra il X e il XIII secolo la popolazione europea raddoppiò.










-La rinascita dei commerci
L'accresciuta produttività agricola consentì di avere delle eccedenze, stimolando il commercio dei prodotti agricoli. Ben presto gli scambi non si limitarono ai prodotti locali e quindi ripresero i commerci a medio e largo raggio. I commerci europei gravitavano soprattutto intorno a due aree: il Mediterraneo e l'Europa del Nord. Le strade erano maltenute (solo alcune strade furono migliorate) ma fu soprattutto la navigazione a conoscere grandi progressi. Fu infatti introdotta e perfezionata la bussola. Con l'intensificarsi dei commerci ci fu la ripresa della circolazione monetaria.
Anche le tecniche di trasferimento e di scambio del denaro conobbero diverse fasi di sviluppo. L'innovazione più importante fu la lettera di scambio, utilizzata dai Genovesi nel XII secolo ma diffusa dai Fiorentini (si trattava di un documento sostitutivo al denaro liquido). Per far fronte alle nuove esigenze dell'economia e per cambiare le monete che nel Medioevo erano coniate dal re, signori feudali e città si diffuse una nuova figura, quella del cambiavalute (dei banchieri che lavoravano dietro un banco, e da qui il loro nome; che scambiavano i soldi e facevano prestiti).












-La rinascita delle città
Dopo la metà del IX secolo, il crescente sviluppo dei traffici commerciali favorì il trasferimento in città di abitanti delle campagne. In particolare l’inurbamento si registrò per le città poste sulle vie fluviali. Questo fenomeno, che interessò gran parte dell’Europa, viene definito rinascita urbana. Erano attirati dalle città i signori feudali che avevano eccedenze da commerciare, che cercavano oggetti prodotti da artigiani specializzati o che intendevano risiedervi. Ma soprattutto le città esercitavano una grande attrattiva sui contadini: in città i contadini potevano fare fortuna e dopo un anno e un giorno di residenza erano liberi dagli obblighi servili nei confronti dei loro signori.Gli artigiani solitamente svolgevano la loro attività nelle botteghe che si aprivano sulla strada, a pianterreno delle case. Erano organizzati nelle Arti (associazioni che raccoglievano tutti quelli che svolgevano la medesima attività) che si suddividevano in arti minori e maggiori (quelle meno stimate).
Le università più importanti in Europa furono: Salerno, Bologna, Parigi, Oxford e Cambridge.
                 
















-La crisi demografica
La crescita della popolazione europea, iniziata intorno all'anno Mille, continuò sino agli inizi del Trecento. Ma una serie di annate molto piovose, con il susseguirsi di una grandissima carestia innescò un circolo vizioso (nel 1315-17). Con la carestia e la fame ci fu la diminuzione dei raccolti. Questo conseguì a meno mano d’opera per coltivare la terra e così ci fu il crollo demografico (e così che il circolo continuava). A determinare una vera e propria crisi demografica furono anche i fattori peste e guerre. Fu una vera e propria pandemia, come viene chiamata un’epidemia a larghissima estensione. La peste durò più o meno fino al 1351 e in quell'anno l’Europa contava circa 55 milioni di abitanti, cioè 25 milioni in meno rispetto all'inizio della peste: l’epidemia causò dunque la morte di quasi 1/3 della popolazione. La peste si può presentar in tre modi: la peste bubbonica, la peste polmonare e la peste setticemica (in genere si hanno febbri altissime, emicranie e deliri; poi,entro 24 ore sopraggiunge la morte). Gli uomini medievali ritenevano che un flagello così terribile non potesse che essere la manifestazione della collera divina; mentre la medicina cercava delle soluzioni e delle spiegazioni.
Alla ricerca di un colpevole, di un capo espiatorio contro cui sfogare l proprie angosce e la propria frustrazione per un morbo misterioso e inarrestabile, le popolazioni si scagliarono contro gruppi sociali di emarginati: i lebbrosi, i diseredati, ma soprattutto gli ebrei (che oltretutto erano anche stati accusati di aver ucciso Gesù Cristo) (le leggi solitamente impedivano di svolgere una serie di professioni agli ebrei, che erano obbligati, per sopravvivere, a darsi ad attività odiose). La popolazione era davvero fuori ogni controllo: attraverso le città gruppi di penitenti, detti flagellanti, che fustigavano il loro corpo per ottenere il perdono da Dio ne era un esempio. Molte migliaia di ebrei morirono dei pogrom.
(http://it.wikipedia.org/wiki/Peste)                                                                                                                                                                           



                                                                                                                 





-L’economia nella crisi
La diminuzione della popolazione ebbe conseguenze drastiche sull'economia europea. Nell'ambito dell’agricoltura ci fu una diminuzione della richiesta di granaglie e quindi un calo dei prezzi. Anche nel settore manifatturiero la diminuzione della popolazione causò un calo dell’offerta di manodopera. E in seguito allo spopolamenti di inter regioni anche il commercio diminuì. In questo duro periodo si cercarono delle soluzioni. In alcune aree ad esempio venne introdotta la mezzadria: in base a questo contratto di latifondisti si accordava con il contadino, ricevendo in cambio una parte del prodotto. In altre aziende invece vennero divise in appezzamenti concessi in affitto ai contadini. Inoltre, per fronteggiare la crisi molti signori passarono alle produzioni specializzate in base alla domanda. In generale si può affermare che la crisi nell'agricoltura favorì una ristrutturazione; cioè una riorganizzazione della produzione. Peggiorarono indubbiamente l condizioni dei contadini.
Anche per il settore manifatturiero il Trecento fu un secolo di crisi e di ristrutturazione. Secondo alcune stime durante il Trecento diminuì la produzione dei pannilani (tessuti di lana) ma che in compenso decollò l’industria della seta. Il declino, in ogni caso, non coinvolse tutte le aree geografiche allo stesso modo: mentre l’industria italiana si indeboliva, si rafforzava la concorrenza dell’Inghilterra.
Nel settore edilizio, una delle attività più fiorenti nei secoli precedenti, gli storici danno giudizi divergenti sulle conseguenze della crisi demografica.
Anche nel campo del commercio il Trecento segnò significative novità: furono aperti nuovi passi nell'arco alpino meridionale; acquistarono importanza il Medio Oriente e i porti di Siria ed Egitto e le città italiane continuarono ad avere il monopolio dei commerci mediterranei. Con il diffondersi della lettera di cambio, le società commerciali si attrezzarono attraverso la costituzione di filiali locali. Quest’ultimo consentì l'accumulazione di enormi fortune e l’ascesa di potentissime famiglie di mercanti-banchieri.

L’alta finanza, come il commercio internazionale, rappresentava nel Trecento un’attività rischiosa ma redditizia.

                                             





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